Il vino che sa di legno o il legno che sa di vino?

L’uso del legno nelle cantine è una pratica molto antica ed è andata a sostituire le anfore o contenitori in terracotta. Le botti di legno infatti si presentano più resistenti agli urti e, con le dovute competenze, apportano un miglioramento gusto-olfattivo al vino. L’utilizzo del legno, in particolar modo nella fase di affinamento, ha lo scopo di fornire specifici composti al vino che, in associazione a un lento processo di microssigenazione, contribuiscono a stabilizzare il colore e a migliore struttura e aroma del vino. La scelta del legno quindi diventa importante. Il rovere presenta caratteristiche ideali per la costruzione delle botti e barriques essendo impermeabile ai liquidi ma non ai gas: ciò significa che che entra aria e vi è evaporazione di liquido dall’interno all’esterno.

Il taglio delle doghe è eseguito attraverso lo spacco e successivamente devono essere essiccate. La stagionatura o naturale consente l’asportazione di tannini idrosolubili attraverso pioggia e in seguito, in fase di stagionatura, lo sviluppo di alcuni funghi, i quali sono in grado di elaborare enzimi con capacità idrolitica nei confronti di composti fenolici. In caso di stagionatura artificiale in stufa si ha invece prevalentemente solo una perdita di acqua.
Pronte le doghe esse vengono assemblate per la costruzione della botte. Questa è la fase fondamentale poiché dopo l’assemblaggio attraverso una combinazione di calore, umidità e tempo si passa alla fase di tostatura, la quale conferisce la vera qualità e caratteristiche del fusto.

Un’alternativa al fusto è la tecnica di porre il legno nel vino sottoforma di trucioli di varie forme e dimensioni e integrare con una microssigenzione per simulare al meglio l’effetto del fusto.
Questa tecnica è largamente diffusa nei paesi extra-europei ma sta oramai prendendo sempre più piede anche nel nostro continente.

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